Geisha - La lotta del fiocco rosa

Sapevate che in giapponese "Hanamachi" significa “Città dei fiori”? Un nome dolce, tanto quanto chi vi risiedeva. Si trattava di quartieri creati appositamente per far nascere le case da tè e le “okiya”, la dimora delle geishe. 

"Geisha" significa artista.

Una geisha padroneggiava l'arte della conversazione, sapeva suonare lo shamisen e lo shakuhachi, cantare e danzare, servire il tè e il sakè e intrattenere i clienti nei ryōtei. Aveva il dono di creare un mondo fatto solo di bellezza e di piacere. 

Le geishe non vendevano il loro corpo, ma le loro capacità, la loro arte. Erano donne misteriose, per un mondo che teneva il genere femminile rilegato in casa alla cura di figli e mariti.

Si trattava di un mondo fatto di sensualità, era delicato, ma molto resistente: si diceva che una vera geisha potesse fermare un uomo per strada con un solo sguardo.

La loro era una vita privilegiata, che però non comportava automaticamente felicità. Una geisha non era libera di amare. Non poteva scegliersi un compagno di vita e nemmeno calmare la bufera di sentimenti che le bruciavano in petto.
Avrebbe comunque continuato a creare bellezza intorno a sé, espandendola fino agli altri.
Avrebbe danzato e suonato, conversato e intrattenuto.
Sarebbe stata onorata e allontanata dalla povertà. Sarebbe tuttavia stata anche felice?


Dal film che vi consiglio assolutamente di vedere:https://vm.tiktok.com/ZGeFcc3vm/

- crediti del video a @snezhkot 



Emanuela Arcidiacono - @emanuelarcx

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