La battaglia per la Bismark


"quando gli alleati affondarono l’orgoglio della marina tedesca"


Siamo già al terzo anno del secondo conflitto mondiale e la marina dell’asse (Italia, Germania e Giappone) terrorizza Asia ed Europa; nel vecchio continente la “Kriegsmarine”, la marina tedesca, aveva affondato le navi da rifornimento americane e fronteggiava, anche se in inferiorità numerica, la potente marina britannica.

Una nave inquietava gli ammiragli europei più delle altre, la Bismarck, nominata in onore del cancelliere prussiano e fiore all’occhiello della potenza acquatica del terzo Reich: come e perché il gigante d’acciaio trovò la sua fine nelle gelide acque francesi.

27 maggio 1941, Oceano Atlantico settentrionale: la corazzata tedesca valica le acque francesi per delle riparazioni in seguito ad un’incursione angloamericana avvenuta giorni prima, la cabina radio avverte gli avamposti sulla costa del loro ritorno ed i motivi di esso, la nebbia oceanica umidifica l'acciaio mentre i marinai si godono le loro ore di riposo nelle cabine e il comandante scruta l’orizzonte aspettando ansiosamente di vedere sagome ombrose in prossimità della nave per poter attraccare, per poi riposarsi come i suoi compagni.

La foschia però lo sta ingannando perché sono ancora a molti chilometri dal porto.

Le vedette invece scorgono in lontananza altre sagome, sagome di aerei dell'aeronautica americana ed inglese che si avvicinano minacciosamente verso il loro bersaglio.

Subito la sirena inizia a squillare, i marinai tedeschi scendono agilmente dalle brande, preparandosi a difendere l'orgoglio della “Kriegsmarine”, mentre gli uccelli di ferro entrano nel raggio d’azione dei cannoni, l'antiaerea inizia a bersagliare i bombardieri che stranamente non sembrano rispondere al fuoco.

Intanto la cabina radio si mette in comunicazione con il porto non per chiedere aiuto ma per dimostrare la propria forza, dicendo esplicitamente: “combatteremo fino alla fine”; quella presunzione le sarà fatale.

La battaglia continua e gli artiglieri con i cannoni carichi sono pronti a colpire, ma l'obiettivo degli alleati è ben altro rispetto ad un attacco diretto poiché essi trasportano siluri radiocomandati sulle loro stive diretti all’elica della nave. Il timoniere, appena avvertito della strategia nemica, prova a virare, ma le grandi dimensioni della nave ne implicano una lentezza spaventosa che sarà la causa della perdita del primo rotore che ne bloccherà la mobilità.

Dopo l'incursione, gli aerei angloamericani effettuano un’inversione per lasciare spazio alle rispettive navi che penetrano il gigante di ferro provocandone l'ascesa nelle profondità oceaniche.

Quest’evento ebbe un’importanza monumentale nel corso del conflitto poiché le navi nemiche, angloamericane, trovarono una maggiore sicurezza nell’avvicinarsi alle coste europee.


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